Inside Out 2, recensione per chi non ha capito niente di questo film


Il piede che trema, l’oppressione sul petto, il senso di soffocamento, l’iperventilazione, vocine in testa che ci ripetono che non siamo all’altezza, tachicardia, la paralisi in uno stato di completa incoscienza e la paura che qualcuno veda o osservi ciò che stiamo passando. Una rapida escalation con la quale la Disney è riuscita ad illustrare perfettamente ciò che, a parole, è difficile spiegare: un attacco di panico. Di Inside out 2 recensioni ne troverete molte, vediamo se nella mia troverete qualcosa di più. Perché invidio chi non ne ha capito nulla, ad esempio chi non sa come ci si sente durante l’attacco di panico. Io vorrei tanto non saperlo.

I cambiamenti fisici, il senso di inadeguatezza, l’incertezza verso il futuro, il distacco dalle amiche storiche, l’incrinatura del rapporto con i genitori… Il sequel dell’omonimo film Oscar tratta il tema del cambiamento, introducendo nuove emozioni nel quartier generale. Con l’arrivo della pubertà, le emozioni di base presentate nel primo film (Gioia, Rabbia, Paura, Tristezza e Disgusto) non bastano più, entrano in gioco emozioni più complesse. Sono Ansia, Imbarazzo, Invidia ed Ennui (Noia). Ogni nuova emozione manda in tilt quelle già esistenti nella testa della protagonista Riley, che deve imparare ad accettarle e controllarle, anzi, a non dare loro il potere di controllarla. Come dice Ansia: “Non spetta a noi decidere chi è Riley”.

“Si diventa grandi quando arriva Ansia”, è il messaggio che Inside Out 2 ha trasmesso anche a Leone Lucia Ferragni (figlio del rapper Fedez e dell’imprenditrice digitale Chiara Ferragni), così come a tanti altri bambini.

Nonostante questo film possa sembrare un semplice cartone animato, quindi una riproduzione semplificata della mente umana, dopo la visione ci accorgiamo che si tratta davvero di una brillante rappresentazione di ciò che accade nel nostro cervello. Inside Out 2 è un film per tutti ma per colpa (o merito) dell’ansia, sembra rivolgersi in particolare ai membri della Generazione Z. È un film che, anche quando si riaccendono le luci in sala, continua a far riflettere lo spettatore su quello che ha appena visto. Incanta i più piccoli e fa ragionare gli adulti in quanto li mette di fronte a quelli che sono stati i loro traumi, portandoli a riflettere su ciò che avrebbero potuto o voluto essere. Anche chi non ha più 13 anni, scavando dentro di sé può ancora a trovare il sé tredicenne. Come ci mostra il film, abbiamo una raccolta delle “sfere delle emozioni” a breve e a lungo termine che ci ricorda chi siamo stati e ciò che abbiamo passato.

Gli autori non lasciano nulla al caso, tutto è stato curato nei minimi dettagli: “Abbiamo letto molti libri e parlato con vari psicologi che ci hanno spiegato cosa accade al nostro cervello durante l’adolescenza: è un periodo in cui la mente si espande. Ci siamo resi subito conto che l’arrivo di un nuovo gruppo di emozioni avrebbe offerto ottime potenzialità di intrattenimento”, ha detto il produttore Nielsen. Il team di Inside Out 2 ha inoltre deciso di raggruppare un gruppo di ragazze, di età compresa tra i 13 e i 18 anni, in modo da garantire che le esperienze della protagonista risultassero il più veritiere possibile. Hanno chiesto loro feedback sull’autenticità delle reazioni e delle emozioni. “Ci dicono cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa gli torna e cosa no. L’unico modo per farlo è andare direttamente alla fonte” racconta la regista Kelsey Mann.

I film e le serie tv basati sull’adolescenza sono molti, ma pochi sono gli autori che si rivolgono ai giovani per verificare l’autenticità di ciò che viene raccontato e, soprattutto, del modo in cui viene fatto. Il risultato di un adulto che parla di cose che non sa è un racconto stereotipato del mondo adolescenziale che finisce, nella maggior parte dei casi, per risultare cringe. Il pubblico più attento, durante la visione di Inside Out 2, noterà che Gioia e Ansia sono gli unici due personaggi ad avere il colore degli occhi diverso da quello del corpo. Gli occhi di Gioia, così come i suoi capelli, sono blu, colore caratteristico di Tristezza. L’incastro tra questi due colori simboleggia che Gioia, seppur non capendo Tristezza, ne ha un elemento in sé fin dall’inizio. Le due emozioni hanno quindi una connessione speciale: non potremmo mai apprezzare la gioia senza la tristezza.

Ansia, invece, ha il corpo arancione e gli occhi verdi, colore caratteristico di Disgusto. Questo perché studi scientifici indicano una stretta connessione tra queste due emozioni: chi soffre d’ansia tende spesso ad essere più sensibile al disgusto. Sono inoltre due emozioni che attivano aree simili nel cervello. Per quanto l’emozione arancione dal ciuffo spettinato possa sembrarci la cattiva della storia, anche lei, come le altre emozioni, ha il benessere di Riley come priorità. Se la ascoltiamo con attenzione, notiamo che l’ansia vuole solo rassicurazioni, vuole che i nostri bisogni più profondi siano ascoltati e rispettati. Ad esempio, dietro al bisogno di Ansia di pianificare e controllare, ci sono desideri profondi: autostima, affetto e accettazione.

“Io cercavo solo di proteggerla” dice Ansia durante il film. Meg LeFauve, la sceneggiatrice, vuole comunicare che, quando questa emozione prende il controllo, è perché vuole proteggerci. Mostra inoltre come Ansia può passare dall’essere nostra amica ad essere la nostra peggior nemica: è utile nel momento in cui ci rende meno impulsivi, meno imprudenti. Risulta invece dannosa quando ci blocca, incastrandoci in un altro mondo dal quale non riusciamo ad avere una visione oggettiva di noi stessi e della realtà.

Ogni tanto dobbiamo essere noi Gioia di noi stessi e mettere Ansia seduta su una poltrona con una tazza di thè o, ancora meglio, di camomilla. Di Inside Out 2 recensioni se ne leggono tante ma, da persona che ha sofferto di ansia e attacchi di panico, mi sento di dire: beati coloro che non hanno capito niente di questo film.

 

(Photo by Sagar Patil on Unsplash)