Del matrimonio egualitario e perché l’Italia dovrebbe riconoscerlo
Il matrimonio egualitario è diventato legale in tutti gli Stati Uniti e in Irlanda nel 2015, in Grecia nel 2024. Negli Usa, a dare l’annuncio fu un presidente nero. Eppure, da allora sembra che i diritti divili stiano facendo un passo indietro. Lottare per un diritto alla felicità, che non cambia niente a chiunque sia contrario, non è “buonismo” ma un atto dovuto per potersi vantare di vivere in una nazione decente, e qualche tempo fa, prima che in Italia venissero approvate le Unioni Civili, ho seguito una storia che lo prova.
Lavoravo in un comprensorio dove viveva anche una donna transgender non operata ecuadoriana. Era una signora dall’aspetto molto materno, emigrata in Italia da 21 anni, e mi raccontava che dalla famiglia d’origine, rimasta in Ecuador, aveva sempre ricevuto tutto l’appoggio possibile. Nello stesso palazzo abitava un’altra transgender chiassosa, che ostentava gioielli e borse griffate ed era sempre aggressiva con tutti. Questa, al contrario dell’altra, era stata allontanata dalla famiglia d’origine in Argentina, dove il machismo non permetteva di tollerare un figlio gay. La differenza di equilibrio e serenità fra le due era lampante.
La mia amica ecuadoriana, che chiamerò col nome finto Caterina, conviveva da due decenni con un uomo innamorato. Nonostante il suo compagno la esortasse a emanciparsi, Caterina sentiva il bisogno di esasperare la sua femminilità abbracciandone il vecchio concetto patriarcale. Impersonando quindi il cosiddetto “angelo del focolare” e coltivando la modestia. Indossava lunghe tuniche sulle forme generose, portava i capelli sciolti, poco trucco, tacchi bassi. Parlava con la voce bassa e flautata, le piaceva accudire la casa come un nido d’amore e invitare le amiche a prendere il caffè dopo pranzo, mentre il suo uomo era al lavoro.
Un’orribile mattina il suo compagno che dormiva nel letto vicino a lei, non si sveglia. Un infarto lo aveva stroncato nel sonno. Caterina era devastata, le amiche non riusciamo a consolarla. Piangeva disperatamente la sua perdita, la persona più importante della sua vita. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Il giorno dopo, mentre Caterina era all’obitorio per passare ancora un po’ di tempo con il corpo dellì’uomo che aveva amato, i parenti di lui calavano come avvoltoi sulla casa di cui erano diventati a pieno diritto gli unici eredi. Equipaggiati di tutte le armi legali per vendicarsi, finalmente, dell’onta che il defunto aveva gettato sulla famiglia convivendo con un uomo effeminato, hanno fatto scempio dei loro ricordi.
La serratura è stata immediatamente cambiata, tutti gli oggetti che Caterina e il suo uomo avevano messo insieme in tanti anni, erano stati sequestrati. Tovaglie, suppellettili, mobili. Persino le creme per il viso che Caterina aveva in bagno. Quando è tornata a quella che non era più casa sua e si è accorta che la chiave non entrava più, ha capito subito cosa fosse successo e, rassegnata, non ha potuto fare altro che chiedere ospitalità a una delle sue amiche. Non aveva nemmeno i contatti per parlare con quelle persone che avevano sempre finto che lei non esistesse e che ora facevano scempio della sua vita privata.
Consultare un avvocato ha solo confermato quello che Caterina pensava: la casa era di proprietà del suo compagno (lei stessa aveva sempre, stupidamente, rimandato la spesa della parcella del notaio quando lui insisteva a donargliene metà) e i diritti che poteva vantare sull’eredità erano pari a quelli di una studentessa che affitta una stanza da qualcuno che poi tira le cuoia improvvisamente. Ma Caterina affrontava tutto con dignità e senza fare drammi. Diceva che se l’era sempre cavata e se la sarebbe cavata, in qualche modo.
La ruota ha iniziato a girare diversamente mentre si reca alla Standa a comprare un po’ di mutande nuove, perché le sue erano finite chissà dove, e riceve dalla Germania la telefonata della sua sorella minore Anna, che lavorava lì. Quando Caterina l’ha messa al corrente della brutta novità, cercando di non farla preoccupare troppo, quella le ha dato della sciocca e le ha ricorda dell’atto d’amore che anni prima il defunto aveva compiuto per lei. Aveva sposato Anna per assicurarle il permesso di soggiorno nell’Unione Europea.
Anna è arrivata a Roma due giorni dopo, forte dei suoi diritti di legittima consorte del defunto, e ha scoperto che se i parenti miserabili avevano sempre finto che Caterina non esistesse, anche lui non gli aveva mai svelato di essersi sposato, né lo avevano ancora scoperto. Le hanno dovuto consegnare le chiavi di casa e rendere tutto il maltolto, masticando la bile.
Anna ha donato tutta la quota di eredità a sua sorella Caterina, che è tornata a vivere nella casa dove aveva condiviso metà della sua vita con qualcuno che le voleva bene. Tutto, a parte la tristezza di essere rimasta senza il suo amore, è andato per il meglio. Ma se al tempo in Italia il matrimonio egualitario fosse stato legale, non ci sarebbe stato neanche bisogno del colpo di fortuna che Caterina ha chiamato la mano de dios. A proteggerla dall’alto, sarebbe stata la Legge.