Incontro con Tony Hadley degli Spandau Ballet
I cerchi vanno chiusi, altrimenti rimangono inversioni a U e non sono buoni nemmeno per farci l’hula hoop.
Ma facciamo un ripasso e un sunto: molte ragazze d’oggi non sanno nemmeno quanta determinazione riversavamo, noi ragazze degli anni ’80, sulla persecuzione delle popstar; una febbre scatenata probabilmente dall’immagine artefatta che di loro ci comunicavano i primi videoclip (il salto fu da Massimo Ranieri a Tony Hadley, e da Canzonissima a Videomusic). Vittima dell’insensata tendenza, anche chi scrive sgomitò per circa sette anni per mantenere la priorità acquisita nella corte degli Spandau Ballet, insieme a un gruppetto di scellerate le cui gesta ho già raccontato su Marie Claire, tempo fa.
Dopo tanta devota attività di groupie-vestali, quando l’anno scorso il gruppo è tornato in Italia per un concerto, non si riuscì però a intercettarne i membri per una rimpatriata. Ma una parziale occasione si è ripresentata in questi giorni col ritorno a Roma di Tony Hadley, il cantante degli Spands (così li diminuivamo confidenzialmente, allora), e stavolta ho fatto le cose a modino, richiedendo ufficialmente un’intervista alla quale sono arrivata in ritardo causa traffico capitolino, ma tanto lui è arrivato un’ora dopo.
Mentre il mito della mia adolescenza era seduto di fronte a me, rubizzo di grappa e limoncello (per sua ammissione), mi sono accorta di sapere praticamente tutto di lui, come probabilmente lo sanno tutte quelle che ancora pensano a lui. Del disco da solista che sta preparando, dove infilerà anche Caparezza, del reality show che ha vinto in Usa nel 2003, di quanto non gli piaccia la politica italiana ha già parlato su Radio Raidue, la mattina. E adesso che gli chiedo?
Mica posso aggredirlo subito con faccende Amarcord e personali. Vabbé, fingo che sia un’intervista normale…
(clicca per continuare su marieclaire.it l’incontro con Tony Hadley)
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